L’abito di Eleonora da Toledo e il potere delle immagini

Eleonora Da Toledo

Vederla camminare altera e distante tra le sale dei suoi palazzi, nel frusciante movimento delle vesti di broccato, mentre si rivolge in una lingua straniera ai suoi cortigiani, non doveva piacere molto agli orgogliosi Fiorentini. Nonostante la sua avvenenza, eleganza e capacità di governo non fu mai amata dai suoi sudditi che mal sopportavano il suo austero contegno che, durante le uscite nelle vie di Firenze, serrata all’interno della sua carrozza foderata di velluto verde, non le permetteva di rivolgere un segno o un saluto.

Eleonora da Toledo era bellissima, intelligente, molto ricca e figlia di un uomo molto potente: Don Pedro Álvarez da Toledo, nominato viceré di Napoli dall’imperatore Carlo V. Sposò Cosimo de’ Medici per procura, a soli diciassette anni e dovette lasciare la sfarzosa corte di Napoli per Firenze. Si racconta che suo marito, che ne era molto innamorato, aveva alta stima del suo giudizio e che ogni decisione politica non venisse presa senza prima averla consultata. Oltre che colta e capace, fu madre affettuosa di numerosi figli da cui, raccontano le curiose note degli ambasciatori veneziani, non si separava neanche a tavola, suscitando lo scandalo della corte.

Abile amministratrice del proprio patrimonio, contribuì in modo significativo ad aumentare il prestigio e la ricchezza del Ducato di Toscana creando intorno a sé e alla propria corte un raffinato clima artistico e culturale. Al suo servizio lavorarono non solo i più grandi pittori e argentieri di Firenze, ma anche un esercito di sarti, ricamatori e tessitori. Di questi ultimi le carte ci hanno tramandato i nomi e i lauti stipendi, equiparabili a quelli dei più celebri artisti di corte. Eleonora era infatti molto attenta alla qualità dei tessuti, al punto da istituire nel suo palazzo un laboratorio di tessitura specializzato con a capo una donna, Madonna Francesca di Donato che, forse per timore che le sue creazioni venissero copiate, aveva l’abitudine di dormire accanto ai suoi due telai. Le anonime botteghe medioevali si trasformano così in laboratori prestigiosi guidati dall’estro creativo dei maestri artigiani che cominciano a riscattarsi dal loro ruolo di meri esecutori.

Alcuni degli abiti e tessuti usciti dalle mani di donna Francesca e Mastro Agostino da Gubbio, sarto di corte, sono arrivati presso le corti d’Europa diffondendo il gusto e lo “stile Eleonora” oltre i confini del ducato fiorentino e, a giudicare dalle sfilate di alta moda dei nostri tempi, oltre i confini del suo tempo.

A sinistra, sfilata Cruise Gucci 2018

A sinistra, sfilata Cruise Gucci 2018

Nel 1545 Agnolo Bronzino, pittore di corte, ritrasse Eleonora e suo figlio Giovanni: lei seduta, il bambino accanto, dietro di loro un fondo piatto blu oltremare nel quale s’intravede, sulla destra, un paesaggio, delicata allusione ai vasti possedimenti della famiglia Medici. Ma il vero protagonista del quadro è indubbiamente l’abito indossato da Eleonora, accanto al quale persino i volti di porcellana sembrano arretrare.

Il pittore sceglie per il dipinto un taglio di tre quarti, che consente alla preziosa veste di occupare buona parte della superficie, e rappresenta l’abito con una meticolosità quasi ossessiva: ogni singolo dettaglio è dipinto con quel nitore minerale tipico del suo stile di corte. L’effetto della luce sul tessuto, i colori, il ripetersi dei motivi decorativi, hanno un effetto quasi ipnotico.

L’abito fu disegnato da Antonio Bachiacca, pittore e artista di corte, e realizzato in seta bianca intessuta di fili d’argento su cui si stagliano motivi decorativi in velluto nero controtagliato e broccato intessuto di fili d’oro. La camarra, la lunga veste esterna, ha un corpetto liscio e rigido, secondo la moda spagnola; le maniche, elementi importantissimi del vestiario cinquecentesco, sono legate al corpetto attraverso cordoncini e bottoni dorati e, tagliate lungo il braccio, lasciano intravedere la camicia che esce dagli sbuffi.

La scollatura quadrata, detta “alla spagnola”, è ricoperta in parte da una reticella d’oro che richiama quella che copre i capelli. Entrambe impreziosite con piccole perle, gioielli prediletti da Eleonora, le reticelle furono appositamente realizzate, naturalmente, da una “tessitora spagnola”. I motivi decorativi del tessuto alternano arabeschi in stile moresco e melagrane, motivo quest’ultimo mutuato dalla decorazione arabo-persiana che rimandava al concetto di fertilità e abbondanza. Eleonora fu sposa straordinariamente feconda: all’epoca del ritratto aveva già avuto quattro figli e al termine della sua vita avrà avuto undici gravidanze. Ma la melagrana richiama anche le origini spagnole della duchessa: essa è infatti parte dell’emblema di Isabella di Castiglia.

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Gli studiosi hanno cercato a lungo tra le carte d’archivio e gli inventari su cui sono annotate minuziosamente tutte le spese relative all’acquisto di stoffe e materiali destinati dell’ampio guardaroba di Eleonora e della sua famiglia, ma di questo abito non si è trovata traccia.

L’ipotesi più plausibile è che Eleonora non abbia mai posseduto l’abito con cui è passata alla storia e che il Bronzino lo abbia immaginato partendo da un campione di tessuto, uno dei migliori tessuti prodotti a Firenze. Dunque, attraverso la straordinaria mano del suo pittore, Eleonora diventa una testimonial ante litteram della moda italiana, dell’eccellenza della manifattura fiorentina il cui ricordo riempie ancora le strade di Firenze con i molti toponimi dedicati agli artigiani dei tessuti. Ma il suo abito è anche testimonianza di come il proverbiale e inconfondibile stile italiano, quello stesso che ci ha reso unici in tutto il mondo, sia nato dall’intreccio di culture diverse.

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