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Foto della Visita alla Mostra “Napoli Ottocento” – 21 Aprile 2024

Effettivamente Napoli è una città senza paragoni. Non lo è solo dal punto di vista naturalistico ma anche da quello culturale. Fu mèta di viaggiatori e artisti dal nord Europa, dall’Inghilterra, dai paesi scandinavi che – tra ‘700 e ‘800 – arrivavano attratti dal multiforme carattere di una città nel cui paesaggio coesistevano acqua e fuoco, il maestoso golfo e l’incombente Vesuvio.

Se si riflette sul fatto che il vulcano ebbe un’attività eruttiva vivacissima nel Settecento, quando riemergevano dagli scavi Ercolano e Pompei che da quella attività furono annientate, si può agevolmente capire come la coesistenza tra il sublime dello spettacolo, insieme terribile e affascinante della lava incandescente, e l’ammirazione per l’antichità che riemergeva dal fango e dalla cenere, costituisse un potente impulso per la creazione artistica.

Ma non solo: nella prima sala, accanto a dipinti di Wutky, Hackert, Pitloo con le scene affascinanti e spaventose delle eruzioni, c’è un pannello con diversi tipi di materiale lavico, che ci ricorda che a Napoli venne istituito nel 1767 il primo museo di Mineralogia. Queste le premesse settecentesche di quello che avverrà nell’800, oggetto principale della mostra, imbastita in sale suggestive (a volte troppo: vedi quella pompeiana, decisamente carica) in cui sono esposte opere di protagonisti noti e meno noti delle più importanti scuole napoletane dell’’800, Posillipo, Portici, Resina, con quella cifra particolare di verismo intimistico (personaggi e scene di vita quotidiana, vedute del Golfo…), ma anche fuoriclasse come De Nittis, Morelli, Michetti e Mancini, che nel ritratto e nel paesaggio, ognuno seguendo un suo percorso stilistico, furono spesso all’avanguardia nel loro tempo.

Il fuoco e l’acqua: alle pietre laviche del museo di Mineralogia fa eco la Stazione Zoologica, con il suo Acquario tuttora funzionante, il primo pubblico in Italia, fondato da Anton Dohrn nel 1874, per lo studio del mondo sottomarino.

Nonostante la bellezza, a volte struggente, di dipinti, sculture e oggetti vari, era possibile perdere il bandolo della matassa delle tante scuole e dei tanti protagonisti – non ultimo lo strepitoso Degas (di nonno napoletano) – ma abbiamo avuto la fortuna di seguire lo sguardo di Matteo Piccioni che ci ha guidato, distinguendo e raccordando immagini, artisti, storia di una città impareggiabile in un secolo tanto lungo quanto da sempre difficile da afferrare nella sua complessità.

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