| Visite guidate

Foto della Visita alle Mostre Francesco Clemente e Pietro Ruffo – 8 Dicembre 2024

Abbiamo visitato a Palazzo delle Esposizioni le mostre di due tra gli artisti italiani contemporanei più noti all’estero: Francesco Clemente e Pietro Ruffo. Stella Bottai, la nostra impareggiabile guida, ci ha illustrato come il linguaggio molto diverso dei due artisti risulti comunque confrontabile e per alcuni aspetti dialogante.

Entrambi hanno una particolare predilezione per l’esotismo, inteso come gusto per ciò che è lontano nel tempo e nello spazio, e per le installazioni immersive, ossia la creazione di un ambiente intorno al visitatore che può per un breve – o lungo – momento, abitarvi.

L’ultimo meraviglioso minuto” è il titolo della mostra di Pietro Ruffo, artista nato a Roma e formatosi come architetto, la cui opera è espressione di riflessioni filosofiche, sociologiche ed etiche, sullo sfondo di una passione per la preistoria. Per meglio contestualizzarla Stella ci ha proposto il riferimento a questa citazione della archeologa e scrittrice Rebecca Wragg Sykes:

Se riduciamo i 13,8 miliardi di anni dell’universo a un periodo di dodici mesi, i dinosauri compaiono verso Natale […] mentre i primi Homo sapiens arrivano solo pochi minuti prima dei fuochi d’artificio di Capodanno”.

L’artista si interroga quindi sull’impatto dell’Uomo sulla Terra, in quell’ “ultimo meraviglioso minuto” che lo vede protagonista e se gli effetti del suo impatto siano reversibili.

Diverse installazioni hanno catturato la nostra attenzione. Anzitutto uno scenografico sipario, una grande stampa da disegni eseguiti a penna su carta millimetrata che riproduce una foresta tropicale prima della comparsa dell’uomo, le cui tonalità del blu e del bianco ricordano gli azulejos portoghesi e la ceramica orientale. Le tinte calde da ‘terra di Siena bruciata’ sono invece predominanti nel Grand Canyon, un vasto dipinto su carta intelata in cui sono visibili le prime conchiglie fossili, le prime tracce della vita.

Tutt’intorno ‘galleggiano’ piccole opere circolari di diverse dimensioni, dal titolo De Hortus, ispirate al giardino tropicale dell’Orto botanico di Amsterdam, che creano un’atmosfera cromatica di grande impatto, con un evidente rimando alle ninfee di Monet. In una sala successiva incontriamo i nostri cugini, i Neanderthal, rivisitati artisticamente alla luce delle più recenti scoperte scientifiche che ne hanno evidenziato la capacità di pensiero simbolico e astratto, oltre a competenze tecniche avanzate nell’utilizzo di strumenti legati alla caccia. Un video sul ‘giardino planetario’, auspicata e forse utopica simbiosi fra natura e Uomo, e la sala dedicata a Roma nella sua stratificazione geologica e architettonica, hanno concluso la prima parte del percorso di visita.

Nella sale successive abbiano incontrato con Francesco Clemente, napoletano di nascita del quale il titolo della mostra (Anima Nomade) evidenzia la natura artistica e l’indole personale. Protagoniste sono sei tende che rappresentano lo spirito di una vita errante e, di conseguenza, la ricerca di un rifugio di sicurezza e serenità. Le tende hanno diversi nomi a seconda dei temi rrappresentati (la tenda della Verità, del Diavolo, degli Angeli…), tutte accumunate da colori dai forti contrasti e da figure espressionistiche, con rimandi a luoghi allo stesso tempo sacri e fiabeschi del lontano Oriente. Fanno meditare e commuovere sulla profondità della storia di quei luoghi, sulla loro filosofia e oggi ci ricordano purtroppo teatri di guerra e paure rispetto a ciò che è per noi diverso e lontano.

Tutta la sua poetica artistica è forse ben riassumibile nei dipinti murali, nei quali il racconto ciclico della vita (generazione, organizzazione e distruzione) è mirabilmente rappresentato con evocative linee a sanguigna. La ciclicità delle cose nella linearità del tempo che ci vede tutti protagonisti. Accomuna entrambi gli artisti (e crea sollievo) una visione affatto malinconica, ma di presa sul presente, consapevolmente proiettata verso un futuro se non roseo, per lo meno possibile.

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