Federica Di Folco, con la consueta brillantezza, ci ha guidate/i in un itinerario all’interno della Pinacoteca Capitolina, la più antica collezione pubblica di dipinti.
Diverse le gemme pittoriche viste via via, in un percorso museale cronologico (dal basso medioevo al ‘700) e geografico, frutto del mecenatismo di papa Benedetto XIV che promosse l’acquisto delle collezioni Sacchetti e Pio da Carpi, famiglie di nobile lignaggio ma in difficoltà economica, parabola storica non inconsueta, con ciò scongiurando il pericolo di una loro partenza dall’Italia e conseguente dispersione.
Alcune fra le tante opere su cui Federica ha attirato la nostra attenzione:
L’Annunciazione di Benedetto Tisi, detto il Garofalo, con i tre garofani in primo piano, riferimento al soprannome del pittore. Una rappresentazione classicamente cinquecentesca, in cui risaltano la qualità pittorica nello sfarzo delle vesti, nelle acconciature ricercate ma con un particolare iconografico davvero inconsueto per un’ Annunciazione: Gesù Bambino è non solo presente, ma reca con sé la croce, premonitrice del suo martirio.
Il Ratto di Europa di Veronese, episodio mitologico che l’artista veneto teatralizza come forse lui solo sapeva fare, in un caleidoscopio di abiti, puttini, ancelle e ghirlande che fanno da contorno alla bellissima ragazza ambita (e rapita) da Zeus.
Il Ritratto di Balestriere di Lorenzo Lotto, nel quale il pittore conferma le sue eccezionali doti di ritrattista, anticonvenzionale sia nella libertà della composizione che delle pose.
La Sepoltura e Gloria di Santa Petronilla, imponente tela del Guercino, originariamente prevista per la nuova basilica di San Pietro ed oggi fiore all’occhiello della collezione capitolina: impressionante per i suoi scorci scenografici e un uso sapiente della luce che non copre ma anzi fa risaltare i colori, tra i quali spicca il prezioso lapislazzuli.
La Zingara che predice la ventura di Caravaggio, opera legata al modo di intendere la pittura del Merisi: un soggetto ritratto dal vero, con immediatezza, non esemplato su modelli. Qui il maestro lombardo, appena arrivato a Roma, non fa ancora uso del suo caratteristico e drammatico chiaroscuro, ma si concentra sui colori chiari.
Sono solo alcune delle opere sulle quali ci siamo soffermati in queste sale ricchissime, prima di concludere la visita nella Sala degli Orazi e Curiazi, affrescata dal Cavalier d’Arpino a più riprese e, inevitabile conseguenza, con diversa qualità di risultato.
L’episodio ritenuto unanimemente più riuscito: la Battaglia di Tullio Ostilio contro i Veienti e i Fidenati, nel quale sono magistralmente rappresentate l’animazione dell’evento bellico e la sua crudeltà. Stanchi ma felici, abbiamo ringraziato la nostra sapiente e piacevolissima guida: compito non facile attraversare uno dei musei più importanti del mondo con tutte le informazioni storico-artistiche ma con il giusto passo!