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Animali dalla A alla Z / XII La Quaglia (ma anche la Pernice e la Coturnice)

Perché siam tutti soli ed è nostro destino
Tentare goffi voli d’azione o di parola
Volando come vola il tacchino

Francesco Guccini, Canzone quasi d’amore

Vola male il tacchino, almeno quello domestico. Quello selvatico pare sia più agile e riesca a volare e poi dormire su un albero. La quaglia ha lo stesso problema, vola malissimo, ed è cicciottella. Ma questo handicap viene rovesciato in positivo nel mondo simbolico dei libri di imprese in cui accade che il paradosso e l’incongruità vengano usati per creare argute sentenze o per fare edificanti paragoni.

E così, per questo volatile, la scarsa attitudine al volo sembra essere un atout per riempirsi onorevolmente della Grazia divina. Così Filippo Picinelli, nel Mondo simbolico, del 1653:

“Havendo le coturnici [le quaglie] il corpo pingue e succoso, le penne assai brievi, non sogliono levarsi a volo, se non ch’allo spirar di qualche vento. […] Le anime dei giusti, cert’è, che non posson spiccar il volo e darsi ad attione meritoria se non sono dall’aura della divina gratia aiutate e confortate.”

Grazia divina cercata non proprio attivamente ma pur sempre… ricevuta.

Di una grazia particolare si ammantano le coturnici nella Bibbia, libro dell’Esodo: serviranno come cibo alla moltitudine decisamente brontolona che Mosé si porta dietro dall’Egitto:

“E tutta la comunità dei figli d’Israele mormorò contro Mosè e contro Aronne, nel deserto. Anzi i figli d’Israele dissero loro: “Oh, fossimo periti per mano del Signore, nel paese d’Egitto, quando sedevamo davanti alle pentole di carne, quando mangiavamo pane a sazietà! Mentre voi ci avete condotti in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine”. Ma il Signore disse a Mosè: « Ecco, io vi farò piovere pane dal cielo; e il popolo se ne andrà a raccogliere quanto gliene bisogna giorno per giorno, e così lo metterò alla prova se camminerà nella mia legge o no ».” … E poi, per non lasciare adito a ulteriori mormorazioni, il Signore aggiunge la carne: “Questa sera mangerete carne, e domani mattina vi sazierete di pane; e conoscerete che io sono il Signore, Iddio vostro. […] “E alla sera vennero su tante quaglie che coprirono il campo e la mattina ci fu uno strato di rugiada intorno al campo. Quando lo strato di rugiada fu scomparso, ecco, sulla superficie del deserto qualcosa di minuto, granelloso, sottile come la brina per terra”.

Esodo XL, 16 – La manna e le quaglie, Bibbia – Anton Koberger, 1483
Jacopo Bassano, Il miracolo delle quaglie, 1554, The J.Paul Getty Museum, Los Angeles
Giovannni Lanfranco, Miracolo delle quaglie, 1624-25, Cesena, Galleria dei dipinti antichi della Fondazione e della Cassa di Risparmio 

Il bel dipinto di Lanfranco faceva parte di un ciclo di dipinti ed affreschi per la Cappella di San Lorenzo in S. Paolo fuori le Mura a Roma. Attraverso episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento, questo ciclo rimandava all’Eucarestia: corpo di Cristo che offre se stesso per la salvezza di tutti gli uomini, prefigurata dal cibo che Dio invia per la salvezza del suo popolo.

Il dipinto di Bassano è stato invece acquisito dal Getty in una maniera quanto meno discutibile (tutta la storia qui…)

Ma distinguere tra quaglie, coturnici e pernici non è molto facile, anche perché – prima di Linneo (e bisogna dire: anche dopo) – non sempre le descrizioni di dipinti, i titoli degli stessi negli inventari ecc. sono decisivi nell’identificazione.

Una quaglia è di certo quella che dà il nome al dipinto di Pisanello: La Madonna della quaglia, corpulenta, quasi stonata nel clima fiabesco tipico del tardo-gotico. Ma il suo significato è senza dubbio simbolico anche se, in assenza di un preciso contesto cui riferirlo, oscilla tra simbolo eucaristico, rafforzato anche dai cardellini che volano nella spalliera di rose, e simbolo di obbedienza alla Legge, come indica il repertorio carolingio De Universo di Rabano Mauro.

Era una delle diciassette tele rubate al Museo di Castelvecchio, ritrovate ad Odessa nel maggio del 2016 e successivamente tornate in sede.

Pisanello, Madonna della quaglia, 1420 ca., Verona, Museo di Castelvecchio

E cosa sarà? Una quaglia o una pernice, quella che dà le spalle al pavone nel primissimo piano del San Girolamo nello Studio di Antonello da Messina? L’implacabile precisione fiamminga con cui è dipinta ce lo dovrebbe dire, ma a sfogliare qualunque repertorio ornitologico si rimane perplessi: a volte la differenza è solo nelle dimensioni e le dimensioni di un animale nei dipinti non sempre sono rappresentative del vero.

Antonello da Messina, San Girolamo nello studio, 1474-75, Londra, National Gallery

Ma ascoltiamo un osservatore contemporaneo: il veneziano Marcantonio Michiel che lo vide e lo descrisse minuziosamente: “… el paeseto è naturale, minuto e finito et si vede oltra una finestra, et oltra la porta del studio. Ivi sono ritratti un pavone, un cotorno e un bacil da barberio…”.

Il pavone è l’unica presenza inequivocabile e visti i suoi numerosi significati positivi (resurrezione, immortalità ecc.) sembrerebbe dire che quel bacile da barbiere è semplicemente un recipiente per l’acqua (del Battesimo, del rinnovamento attraverso la fede). Il “cotorno” sembra proprio un pernice e cosa fa? È girato dall’altra parte: secondo il Picinelli citato in apertura, è figura del demonio, perché ruba le anime, come la pernice ruba le uova degli altri uccelli.

Normalmente chiudiamo con una nota pop. Come non pensare al famoso salto della quaglia, antico gioco, elencato anche in un sonetto del Belli («Famo a bbuscetta?» «No». «Sssedia papale? Sartalaquajja?» «No». «Ppiseppisello?» «Gattasceca? Er dottore a lo spedale? A la bberlina?» «No». «A nnisconnarello?…»).
Salta la quaglia consisteva nel saltare, a turno, oltre i dorsi piegati degli altri partecipanti al gioco, uno alla volta, imitando con ciò la quaglia che, inseguita dai cani, saltella in qua e in là (non vola, poverina!) per disorientarli e poi acquattarsi…

Bartolomeo Pinelli, Il salto della quaglia, 1831

Manteniamo un certo stile e non indulgiamo all’altra (più colorita) accezione del “salto”, ma ricordiamo che può indicare anche l’abitudine al voltagabbana, tipica di alcuni dei nostri politici. C’è chi la gabbana la gira una volta soltanto; c’è chi invece ha fatto ben dieci salti della quaglia nella sua carriera politica: “rimanendo coerente”, beninteso!

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